"Berta Isla" una storia di presenze e assenze

Da poche ore ho finito di leggere "Berta Isla" di Javier Marías e per qualche imperscrutabile ragione ho sentito subito la necessità di parlarne.
Devo essere sincera: non avevo grandi aspettative; mi preannunciavo una storia d'amore, fatta di segreti e menzogne, di banali avventure, ma ho trovato tutt'altro. In questo romanzo ci sono sì dei segreti, ma quello che Berta non conosce, quello che Tomás non può dire, non lo sappiamo neanche noi.
E dove sta il bello, vi chiederete.
La travolgente consapevolezza che mi ha trasmesso questo libro riguarda la potenza dei legami, e prima di tutti il matrimonio, anche se immagino avrebbe potuto essere qualsiasi altra forma di rapporto, Marías ci sta dicendo che ci sono fili che nonostante gli anni, nonostante le delusioni e le menzogne non si spezzano e tanto meno vengono tagliati. Eppure la storia che ci viene raccontata è di un matrimonio i cui protagonisti sono quasi del tutto all'oscuro delle loro stesse vite: non solo Berta non conosce minimamente suo marito, ma allo stesso tempo Tomás è costretto ad ignorare lo scorrere lento e monotono delle giornate della moglie e dei suoi due figli.
A circa un centinaio di pagine dalla fine di "Berta Isla" avevo rivelato di aspettare un colpo di scena, un finale imprevisto, poi è successo quel che è successo e non volevo crederci: che cosa c'era di potente, di innovativo nella trama proposta da Marías? Non nego di aver passato alcuni minuti alla ricerca di una qualche particolare interpretazione e mi chiedevo: perché rivelare quello in quel determinato punto? Perché non sviluppare il racconto in quel modo piuttosto che in quell'altro? Alla fine del romanzo, però, l'autore ha inserito alcune pagine esplicative che a mio avviso molti libri dovrebbero avere e tutti i lettori dovrebbero considerare, Marías dice:
"...dal mio limitato punto di vista, non credo che dei miei romanzi si possa rivelare nulla. La trama, che pure ha la sua importanza, non è mai l'elemento principale, né ciò che li sorregge."
 E allora ho capito che in questo marasma di digressioni psicologiche, culturali, letterarie (non mancano citazioni di T.S. Eliot, Shakespeare, Dickens), in questi anni '70-'80 del '900 che sono parte integrante e allo stesso tempo superflua della storia, in questo intrigante ambiente dello spionaggio di cui ci viene mostrato solo il rovescio della medaglia, in tutto ciò Marías ci ha voluto raccontare l'illusione di una vita, di più vite, di tutte le vite, l'eterno conflitto causato dall'attesa e la consapevolezza che non sempre la sua interruzione possa avere risvolti positivi.
"...chi si abitua a vivere nell'attesa non ne accetta mai del tutto la fine, è come se gli togliessero metà dell'aria."

Commenti

  1. Ciao! Non sapevo del tuo blog �� incuriosita dal post di Berta Isla ho trovato questa bella recensione, e mi hai incuriosita ���� come ti dicevo su Istangram, presto ho deciso che lo leggerò anche io. Ma dopo aver smaltito qualche lettura ����
    Gresi

    P. S
    Se ti va viene a trovarmi:
    dreamsink92.blogspot.com

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